Da dove è partito tutto

Mi ricordo sempre l'odore del caldo, della terra che cuoce zitta zitta sotto i piedi, un campo che due volte all'anno si trasformava nella Festa de L'Unità. Non mi ricordo quanti anni avessi, 6 o 7 ma forse 5, ma di sicuro non importa. Importa che era settembre. Un settembre che non conosceva ancora l'acqua del cielo. Il silenzio estivo di domenica non esisteva. Era la prima di campionato, non c'era Sky, non c'era quelli che il calcio. C'era la radio amplificata a sufficienza da coprire le porchemadonne di quelli che ascoltavano le cronache dei vari giornalisti inviati sui campi di calcio. E c'ero io che non sapevo che fare, dato che al calcio non mi son mai riuscito ad appassionare. Sarà per i piedi che non son buoni, sarà perché a correre dietro ad un pallone son buoni anche i cani, sarà perché il mi babbo non m'hai portato nei pulcini a scarpinare su e in giù, fatto è che andavo a giro per il campo.
Il campo era enorme. Non era come i campi di oggi tutti belle delimitati da marciapiedi strade muri. Era campo di quello che inizia e finisce solo se c'è una fossa. Era campo e prateria del west, era la pista di atterraggio di improbabili voli a braccia aperte mentre corri. Ma era anche il campo dei box di lamiera che prendevano significato con la festa: il box dove d'inverno si giocava a carte era quello dei buoni del ristorante, quello dove ti nascondevi dietro per pisciare era quello che faceva da camerino per le orchestrine del liscio. Io mi perdevo dietro al mio girovagare senza senso. Prima tra le panche della pizzeria, poi a bussare sui bandoni della gelateria. E intanto sentivo le urla per un gol fatto mancato dubbio, un fallo. Un mondo che non mi interessava. Preferivo andare a vedere cosa succedeva alla pista da pattinaggio e poi da lì andare oltre verso il ristorante.

Non ci faccio caso preso come sono da vedere i sassi che scappano via dalle mie scarpe. Il giallo dell'erba bruciata mi sembra uno spettacolo degno di interesse. Non voglio passare dalla pista, non perché ci pattina qualcuno, ma perché con il caldo m'ha detto il mi fratello che se ci caschi ti bruci se non ti tiri su subito. Dice che domani ci cuoce un uovo come quello di Terence Hill, solo che gli struzzi in Italia non ci sono. Domani sento la mamma se un uovo grosso da cuocere ce lo trova, chissà che ganzo vedere come sfriggola su quelle mattonellone rosse tutte grosse che chissà quanto pesano. Poi guardo il palo dell'altoparlante, quello che chiama i numeri della ruota che si vincono i prosciutti e le biciclette, ma quelle è difficile, ne tirano su una a sera. E l'altoparlante è acceso anche se è pomeriggio. Bisogna che chiudo gli occhi che se no il sole me li brucia e la mamma me le dà perché me l'ha detto di starci attento. Come mi piace la bandiera rossa, mi piace il rosso, e poi c'è quella della pace tutte belle attaccate al palo. Ma non sventolano che manca il vento. Sento friggere l'altoparlante. Chissà chi chiamano. Perché di giorno si accende solo per chiamare la gente a dare una mano a chi è a preparare da mangiare.

E qui bisogna che vi spieghi una cosa. Perché se no non capireste come mai mi s'è piantato un chiodo in testa.
Fin da piccolo, ma piccolo piccolo, fin da quando m'hanno riportato a casa dall'ospedale, io al silenzio non mi ci sono mai abituato. Per farmi stare buono mi mettevano la radio vicina come sottofondo e io stavo tranquillo. Non piangevo nemmeno quando scacacciavo, nemmeno per fame. Stavo lì a pugnetti chiusi e occhi aperti. Zitto ma sveglio. Poi piano piano son cresciuto quel tanto che bastava da poter fare due cose:

La prima, scaccolarmi

La seconda, arrivare a spippolare la radio. Dopo essermi lavato le mani.
Una vecchia radio a transistor Grundig, di quelle portatili con la finta radica fatta in plastica. Capire che un pomello toglie la voce e che l'altro la cambia grattando durante il passaggio fu determinante. Capii dopo che la linea rossa si muoveva verso destra o sinistra in base al pomello grande, ma non era essenziale. Invece che stare a pugnetti chiusi potevo togliere voce a Gianni Togni che insisteva che fosse semplice come dar calci ad un barattolo in favore di corse su moto cromate di sera d'estate. E tutta sta gente era lì dentro a comando. Fantastico. Poi però la radio iniziò a gracchiare sempre, la mi mamma soffriva di emicrania e sicché non potevo tenerla accesa tanto e a seconda dei giorni nemmeno poco. Fatto sta che di musica in casa mia non ne entrava nemmeno a pigiarcela. C'erano i dischi ma non c'era il giradischi, e poi anche se ci fosse stato non me l'avrebbero detto, perché i dischi sono delicati, mica roba da bambini. Autoradio niente. Insomma, niente musica, tranne che quella degli spettacoli della Rai. Ma non potevo girare i pomelli, e non mi piaceva. E sono arrivato così fino al campo con il suo altoparlante che sfrizzola e al silenzio creato dall'assenza momentanea di bestemmie.

Aspetto che la voce del Bartolini chiami qualcuno al ristorante, che c'è i polli da mettere sulla griglia. Io son piccino e m'ha detto il Biondo che se gli sto d'intorno mi ci mette anche a me sulla griglia perché all'incirca un pollo è grosso come me. A me mi pare di no, ma ci sta che nella fretta mi ci possa mettere anche a me. E invece il Bartolini non dice niente. Però piano piano parte qualcosa. Non si capisce bene, ma non si capisce bene nemmeno i numeri del prosciutto. Bisogna stare fermi e alzare un orecchio con la mano a conchiglia d'intorno come fanno nei film. I russi e gli americani insieme, o icché ci fanno? non si capisce. Il tuono, non mi meraviglio. Boh. Ecco ecco, alzano il volume, sono finite le partite si vede. Si sente anche senza mani intorno agli orecchi.

E mi sono ritrovato a sentire questa canzone



Parte piano, poi va forte e poi torna piano, e c'è il pianoforte e uno strumento che fa un suono come cantare con il naso tappato. E non finisce. Cioè quando rallenta finisce sempre la canzone. E invece questa continua. Non capisco bene sta cosa del mettersi di fianco per guidare, perché il babbo sta seduto, mica si sdraia. Però mi piace. E poi dice lento lento adesso batte più lento ciao come stai. Si vede che stava male. Però mi pare che ora stia meglio. Aspettano senza avere paura domani. Bella, bella m'è proprio piaciuta. Devo sentire il Bartolini se me la rimette domani.

Allora non sapevo che avevano fatto una cassettina da mettere in sottofondo durante le ore di nulla assoluto precedenti al liscio. "Canzoni per la pace" l'avevano chiamata. C'era De Andrè dentro, De Gregori, Guccini, Bennato, John Lennon. Non la cercate nei canali ufficiali, era la classica cassettina fatta a casa. Però poi per tutto il tempo della festa me la sono sentita ed ero contento. Sì ok, non era come girare le manopole, però caspita, si poteva sentire a volume alto. E poi era pur sempre musica. Non ti permetteva di sentirti solo. Poi la festa de L'unità finisce e niente musica.

Passa qualche anno. Nel frattempo arriva il primo walkman, la cassettina copiata appare in casa e Lucio Dalla inizia ad avere un volto e soprattutto delle spalle pelose anche per me. Succede il casino planetario di Caruso. Pavarotti che spinge questa canzone in tutti gli anfratti possibili. Poi arrivano i Queen, i Crash Test Dummies con MMMMMMMMM, i dischi di De André che adesso posso mettere sul giradischi perché son cresciuto. E la musica in genere inizia ad accompagnarmi un po' più da vicino. Mi sembra però che mi manchi qualcosa: come leggere senza saper scrivere. Voglio imparare a suonare uno strumento. Alla scuola media danno lezioni pomeridiane di pianoforte. Io che nel frattempo ho sentito Bohemian Rapsody mi dico che il piano è quello che fa per me. Inizio le lezioni e mi faccio comprare una tastiera (una Nashita 505). Ma non è quello che pensavo, dopo 4 mesi fine lezioni e tastiera utilizzata come reggi abiti. La musica continua comunque ad accompagnarmi. Lo stereo in casa è sempre acceso il pomeriggio dato che la mi mamma lavora (ma l'emicrania la segue fedele come Snoopy), e così arriva il Live after Death degli Iron Maiden, la Nannini, the Dark side of the Moon. Ormai mi sono abituato all'idea dell'ascoltatore, anzi, mi basta il tamburellare delle dita sul tavolo.

E poi come al solito arriva la tranvata proprio mentre ti giri a guardare fuori dalla finestra.

Stanco delle cassette e dei vinili metto la radio. Tengo premuto il + e la frequenza sale. Mi fermo come vedo il simbolo della stereofonia. Radio Blu. Boh, chissà che danno di pomeriggio. Lo speaker dice Dalla. Forte, mi piace, speriamo diano Balla Ballerino, è tanto che non la sento. No, cazzo è un live di 10 anni fa. DallAmeriCaruso. Le versioni dal vivo non mi piacciono. Poi senti che introduzione. Cambio subito. No no, la conosco, aspetta. Futura. Da piccolo pensavo che si fossero fatti male. Che fava che ero. Chissà chissà domani... non ci canta, mi fa incazzare sta cosa che non canti sul live. Però senti la chitarra come viene fuori, bella. Nell'originale non è così. Bella. Senti senti, pare quasi che pianga. Bella, ora vien dietro a Lucio. Pare un mandolino. Ora jazza, cresce. Senti come entra 'gnorante con il distorto. Però Lucio pigia sulla voce, gran canna, ma la chitarra gli fa da ombra. Bella. E' come una seconda voce, una seconda pelle. Bello il gioco con il volume dopo che hanno fatto l'amore.....

E così il 31 dicembre del 95 andai a comprare una chitarra classica tanto per iniziare. La mi mamma, memore della tastiera arreggi abiti, mi disse "Spendici poco, che tanto tempo due giorni la trovo a reggere le camice". Non ho più smesso di suonare. Quella Yamaha ce l'ho ancora oggi, anche se adesso è pitonata rosa, e le fanno compagnia altre 6 chitarre. Futura non l'ho mai imparata perché non ci si può mettere a scomporre Dio con il bisturi di una partitura. Non mi sono mai sentito maturo per esprimere tutte quelle emozioni con le mie mani sulla tastiera. Sono stati altri che hanno avuto la sfortuna di venir sezionati: il funky di Prince, i riffettoni degli ACDC-Zep-Queen, il rock italiano di Vasco e Ligabue etc etc.

Ma per me Ricky Portera rimane l'inavvicinabile Prometeo della mia folle passione per la chitarra.

Se oggi ho la fortuna di aver un gruppo e con esso una ulteriore famiglia, se grazie alla chitarra ho conosciuto gente, posti, superato crisi, so che tutto è partito da un chitarrista che m'ha fatto capire quanto cuore si possa mettere in equilibrio su di un manico di chitarra. E pertanto, per avermi migliorato la vita contagiandomi con questa meravigliosa malattia, io lo ringrazio. Non sarò mai bravo come lui, ma ciò non scalfisce minimamente la gioia che mi da il suonare.

Grazie


Ps: compiti per casa: comprate DallAmeriCaruso e ascoltatevi la n°10, Futura.

Commenti

Unknown ha detto…
Ciao Pasta.
Ho scoperto questo tuo blog ora
Futura gia' la conoscevo

Tornero' a dare un occhiata qui se continuerai a scrivere.

Ciao ciao

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