幸福への道

Ovvero come partire con una frase che pare giapponese ma non lo è (o forse sì)


Approfitto di una domenica che scorre in stand by e del sottofondo di Capossela per affrontare un tema che mi sta particolarmente a cuore:

perché sono sempre felice.

C'è subito la prima spiegazione, breve, fulminea che sicuramente qualcuno approverà:

perché non capisco un c@zzo.
La mancanza di comprendonio sicuramente facilita la felicità.
Può essere davvero un ottimo motivo e pertanto per chi ritiene che il quid del contendere sia tutto lì può passare direttamente ad altro.

A me piace pensare che sia un po' diversa la cosa (anche solo per amor proprio diciamo).

Procediamo innanzitutto definendo cos'è la felicità.
Per me la felicità è fare quello che ci far stare bene, ci fa sentire vivi, godersi il momento, le piccole e grandi gioie della vita. Assaporare il buono anche minimo che si può trarre da ogni singola cosa, interiorizzarla e trarne poi forza. La felicità si annida molto spesso nelle cose di tutti i giorni, solo che siamo presi da troppi pensieri inutili per accorgerci che ci facciamo scappare via dalle mani mille occasioni per stare bene.
La felicità alla fine è come un mosaico: mille piccole tessere costruiscono un disegno enorme. Spero bellissimo, ma va bene anche un affare tipo Picasso. Basta che vi renda felici, ovvio.

Chiarito questo parliamo un po' della mia felicità.

Il primo punto che devo mettere in chiaro è che mi reputo una persona fortunata. Non per vanto ma per onestà. Bisogna essere onesti innanzitutto con se stessi. Sono fortunato, ho molto più di quello che mi serve e che mi merito e fortunatamente tutto quello che non ho è quello che non mi manca.

Alla base di questa mia fortuna c'è indubbiamente la mia famiglia. Ho dei genitori meravigliosi e più ho la possibilità di conoscerli più scopro sfumature che casomai prima non avevo colto. Condividere la vita nel suo divenire ti da l'opportunità di non essere mai lo stesso di ieri quando osservi una persona e te ne nutri. Ogni giorno in più è comunque sempre la possibilità di un nuovo punto di vista, di una nuova scoperta.
Poter scoprire ogni giorno nuove cose di persone così meravigliose senza dubbio arricchisce la mia vita. E' una rapporto ormai che trascende il padre/madre figlio e forse è anche per questo che mi piace, che mi fa sentire nuovo il tempo trascorso con gente che mi conosce da 33 anni.
Non c'è soltanto questo ovviamente. Non solo il riscoprire. Ha comunque notevolmente influito il fatto di averli alle spalle sempre presenti negli anni quando servivano. Hanno capito anche quando non c'era niente da capire. Son sempre stati un passo indietro per poter essere poi un passo avanti nel caso fosse servito. Col senno di poi posso solo riconoscere di aver avuto q-lo. E già così uno parte un po' meglio quando si tratta di costruirsi la felicità.

Altro punto che spesso si tralascia ma che è fondamentale è un semplicissimo enorme dato di fatto: sono sano. Alzarsi la mattina, levarsi le cispe dagli occhi, farsi il caffé e grattarsi una chiappa mentre si aspetta che la macchinetta gorgogli viene considerato un semplice automatismo. Non è così. Per tanta gente, troppa, sono gesti che per essere messi in pratica richiedono l'aiuto di altre persone. La salute è il bene più prezioso e meno considerato. Ci si pensa sempre quando si perde. Piegarsi e legarsi una scarpa, scendere le scale, alzarsi per andare ad aprire la porta, suonare la chitarra o schiacciare lo wah con il piede sono tutte cose naturali come respirare, manco ci si pensa. Guardare un filmato su youtube, ascoltare Capossela, annusare il nuovo profumo da vecchi all'ospizio che ti regalano per il compleanno e chissà quante altre cose che si fanno senza il benché minimo pensiero. Sono cose enormi, dense di possibilità, di vita, di protagonismo. E' come continuare a sguazzare nel liquido amniotico perché ti sembra sempre tutto possibile. Non c'è alcun limite se non quelli che ti costruisci nella testa. Cazzarola, mica è poco. La salute è il passepartout della fantasia. Io ci penso spesso (dio benedica l'obiezione di coscienza che m'ha catapultato all'Assistenza e che m'ha fatto aprire notevolmente gli occhi) e devo dire che apprezzo notevolmente di più anche il solo prendere la mia bici color caramello e farmi una giratina per il centro. Suoni colori odori, il fiatone, il freddo alle orecchie, la lacrima che scende dagli occhi, il caldo alla schiena, il vento che sbuca dalla stradina laterale. A 33 anni andare in bici a lavoro ha un sapore che manco quando ne avevo 10 e andavo a fare i salti al Montello. Mi gusto decisamente di più il momento e la possibilità.

Reso onore e gloria a famiglia e salute come è giusto che sia passiamo ad altro, a cose decisamente più personali, cioè a me.

Esseri felici è uno sforzo costante, una tensione continua. Anche essere infelici però lo è. L'infelicità ha bisogno di energie per incazzarsi, crescere, sfinirti dentro, logorarti, farti sentire da solo contro il mondo. E' un lavorone l'infelicità. Certo, l'infelicità è più facile: in una giornata di motivi per incazzarsi ne capitano a bizzeffe. Non importa andare a cercare, arriva da sola. Ma chi me lo fa fare di farsi accalappiare? Cioè, il dispendio di energie c'è comunque, almeno scegliamo quello che ci fa stare meglio. Scegliamo di sudare per arrivare a qualcosa che ci soddisfa, che ci fa stare bene.
Io cerco sempre di scegliere la felicità come obiettivo della giornata. E anche nelle scelte a lungo termine lascio che tutte le decisioni, anche quelle che sul momento fanno male, siano improntate al raggiungimento della felicità in un secondo momento. L'obiettivo è sempre quello.

Ok ok, fin qua nulla di nuovo sento dire da qualcuno di voi. C'è qualcuno che si alza dalla sedia e dice “lo sapevo io che era la prima spiegazione quella giusta”. Ok calma calma. Ora si passa alla parte che in un certo senso può riguardare tutti. Cioè genitori o meno, salute o meno ci sono alcune cose che si possono fare per aprire gli occhi fin dal mattino ed essere contenti.

Primo esercizio: cercate sempre di essere positivi. Anche qui si torna sempre al discorso che le cose che fanno incazzare in una giornata ci sono, ed a bizzeffe. Ok. Ma non devono essere il pensiero fisso. Dovete essere sempre predisposti al superamento del problema. Il famoso precetto buddhista riguardo allo stare sereni di fronte al problema è oro colato: se hai un problema ma c'è una soluzione stai sereno. Se non c'è soluzione non è arrabbiandoti che la inventerai. Insomma, mangiarsi il fegato non serve. La serenità nell'affrontare le situazioni della vita ha anche un altro aspetto fondamentale: se tu sei sereno, tranquillo, dai comunque sempre il meglio di te e chi ti sta intorno l'avverte. Sei una persona migliore e di conseguenza anche chi ti sta intorno tende a rilassarsi e a “migliorare”. Casomai non ci fate caso in positivo (è comunque allucinante ma è così, le cose buone non fanno notizia o rumore) ma vedetelo in negativo: siete in compagnia di una persona astiosa, invidiosa. Cosa avvertite chiaramente? Sicuramente disagio se i toni sono cattivi, casomai potete riderne insieme se ve la pone in modo buffo, però dentro vi sale quel non so che di acidità, di cattivo. Quella macchia nera che vi accompagna per il resto della giornata e vi avvelena un po' il resto degli incontri che potete fare. Il rancore si annida che è una bellezza. Ma ci state male voi, non è che cresce dentro alla persone che disprezzate. E vi rendete persone brutte da frequentare, negative. No. Non funziona. Perché avete scelto nuovamente l'infelicità, di spendere forze ed energie in qualcosa che si nutre di voi, non vi fa sentire sazi. No, va scelta la positività. Siate consci delle vostre fortune, del vostro valore e delle vostre possibilità. Ciò che fanno gli altri di loro stessi è la loro vita, non va vissuto come un torto verso di noi. Se un tuo conoscente si compra la macchina da 60.000 euro non è un problema. Ben per lui. Per quale motivo dovresti aver da ridire? Certo, uno può iniziare a dire “bella forza, evade le tasse” oppure “ci credo, ha vinto al gratta e vinci”. Ok, e con questo? Indignarsi è legittimo, ma rimanendo noi stessi, apprezzando le nostre cose. Non vivere nella tensione di togliere agli altri, vederli in rovina, diventare più ricchi per metterli in ombra. Perché vedete, qua il problema sta nel fatto che non si è consci del proprio valore a prescindere: per sentirsi importanti bisogna rapportarsi a qualcuno, confrontare macchina, reddito, casa figli etc etc. No. Così non va. La tua vita non può essere una gara perenne contro gli altri. La vita deve essere innanzitutto spesa ascoltando sé stessi. Bisogna alzarsi felici di chi si è, in pace con sé stessi. E' questo il dato base dal quale partire. Se stessi a prescindere.
Non è facile, perché ci sono tante pressioni che arrivano. Però ad un certo punto bisogna anche che uno dica stop a tutto sto strizzìo di aspettative esterne, le disattenda e si ritagli a poco a poco la sua vita. Esempio pratico, semplice semplice: nonostante avessi iniziato l'università quando ancora come legislatore c'era Hammurabi, tra vari alti e bassi sono riuscito ad arrivare molto prossimo alla laurea. “Il figliolo avvocato”. Quando mi sono iscritto ci credevo anche io, mi ci vedevo. Poi però con l'andar del tempo mi sentivo inadeguato per quel futuro, non me lo vedevo cucito addosso. Ci son voluti anni per formulare coscientemente questa cosa e sicuramente ha influito anche trovare cosa mi fa star bene davvero. Fatto è che alla fine ho lasciato qualcosa che non faceva più per me per abbracciarne una totalmente diversa ed inaspettata a 19 anni, ma così calzante a 26. E' stato un percorso un po' dispendioso, ma che comunque ha dato i suoi frutti. Mi ha fatto capire cosa non volevo essere (cosa strana, anche a questo giro ci si appella al negativo per capire il positivo) a prescindere. Tutto tranne che quello. Gran cosa sfoltire. E' tanto liberatorio.
Questa cosa qualche anno fa mi avrebbe abbastanza abbattuto. Son sincero. Non avrei saputo gestire il peso di disattendere ciò che per senso comune è migliore fare. Ma adesso posso affermare con molta onestà di fare qualcosa che mi piace, che mi da soddisfazione e che mi fa sentire una persona migliore. Insomma, vale la pena alzarsi la mattina per fare una vita così.
Questa serenità conquistata è la mia consapevolezza a prescindere. Non avanzo nulla a nessuno. E' la mia vita e va benissimo così. Io sono io. Non perché rispetto a qualcuno sono tot. Io sono la mia base sulla quale costruire la felicità. Sono il mio punto di partenza. Gran cosa essere il primo passo di un lungo viaggio che ci vede protagonisti.

Intendiamoci subito: non è egoismo o disinteresse verso gli altri.

Se non siamo i primi a volerci bene non ce ne vorrà nessuno. Bisogna coccolarsi, dedicarsi il tempo di stiracchiarsi come i gatti. Rientra tutto nella buona predisposizione verso gli altri essendo prima di tutto persone migliori noi stessi. Avere attenzioni verso se stessi farà sì che si sia in grado di averne anche per gli altri. Se non siamo in grado di proteggerci noi per primi come potremo proteggere gli altri? Essere in pace, sereni con se stessi è il primo passo verso gli altri.

Dato questo per assodato (altrimenti mi alzo io a sto giro) passiamo al rapporto con le persone.

Io tendenzialmente frequento, quando possibile, solo persone che ammiro, che stimo o che sento simili per interessi o esperienze di vita. Bella banalità. Lo fanno tutti. Ok.

Io però degli altri tendo a fregarmene. Voi?
Non mi tange niente. Per voi è la stessa cosa?

Scendiamo come sempre nel pratico, cioè me che mi conosco.

Perché non mi tange niente.
Perché le persone che non mi interessano non possono, per quanto facciano, avere alcun influsso negativo sulla mia vita. Per poter cambiare il corso della mia giornata devo riconoscere loro un potere, un'importanza che non hanno.
Io dico sempre che non mi si può offendere. Ma semplicemente perché mi si possono dire anche le peggiori cose, ma il valore offensivo glielo devo riconoscere io. Come può una persona che non stimi offenderti? Insomma, da che pulpito? Sono solo parole. Se la persona che me le dice avesse un qualche valore per me allora sarebbe diverso, potrebbe anche offendermi.
Ma perché una persona che per me ha un qualche valore (e quindi alla quale io voglio bene) dovrebbe offendermi? Non avrebbe senso. Una persona che ti vuole bene può essere brusca, anche ruvida nei modi, ma lo farebbe sempre per il tuo bene. Per strigliarti, per farti aprire gli occhi o chi sa quale altro motivo, ma di sicuro non per offenderti e basta. Anche nel caso ci sia da chiarirsi l'offesa sarebbe solo un mezzo in funzione del chiarimento, non un modo per colpirti duro per non farti rialzare.

Ergo: se uno ti vuole offendere (o meglio dice un insieme di parole che nella sua testa hanno quell'intento) non merita la tua attenzione e le tue energie per rispondergli, perché se non ti vuole bene (e te non gliene vuoi) allora perché prestargli il fianco.
Se una persona che ti vuole bene ti offende, cerca oltre le parole del momento e vai diritto al significato. L'offesa molto spesso può essere uno schiaffo che ti apre gli occhi.
Quindi, se non fai parte dei miei affetti, tu non mi tangi.

E nel rapporto con gli affetti come ci si muove? Basta tener ben chiaro nella nostra testaccia che alla fine ognuno deve essere libero di vivere la propria vita. Si possono dare dei consigli ma non si possono fare le scelte per gli altri. E' importante esserci senza essere ingombranti. Alla fine quello che conta è che siano felici della loro felicità, non della nostra idea riversata su di loro. Amare è comprensione e accettazione oltre che condivisione. Non è mai sacrificio però. Non negate voi stessi in funzione degli altri. Bisogna essere partecipi della gioia, non cibarsi delle briciole della vita altrui. Perché alla fine tutto questo negarsi verrà fuori con una bella cariolata di astio, di rimpianti che non ci dormirete la notte. Non esiste che per essere felici si debba scegliere l'infelicità vita natural durante insomma.


Al momento penso possa bastare. Di compiti per casa ce ne sono abbastanza. Integro presto (spero) con altre cosine.

Buon tutto

William


Ps: avete mai fatto caso che nessuno vi chiede mai “sei felice?”. Ti possono chiedere come stai, come va, che fai, come ti butta etc. ma nessuno ti chiede mai della felicità.
Io penso che sia tutto riconducibile al fatto che si abbia paura che la domanda ci venga rivolta contro con il classico “io sono felice, e te?” La felicità non fa paura. Fa paura dover fare i conti con il fatto di non esserlo.


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