Teorizzazione del distacco

Ci pensavo giusto giusto l'altro giorno. Oddio, l'altro giorno. Era iniziato da poco novembre e ora siamo sotto Natale..... però va bene così. Nel senso che è talmente vivo come ricordo che mi pare ieri. Ero sul Lungo Bisenzio e me ne stavo tornando alla macchina dopo aver fatto il fantastico modulo ISEE. C'era ancora il sole e il caldo. Oddio, era così fino ad una settimana fa, prima che iniziasse a piovere. Però mica lo potevo sapere a inizio novembre come sarebbe stato il tempo a dicembre e mi volevo godere quelli che pensavo sarebbero stati gli ultimi momenti di gioia atmosferica. Si stava proprio proprio bene. Tranquillo. Praticamente da solo sulla ciclabile. E così uno si mette a pensare. E le prime cose che ti vengono in mente sono le mille passeggiate che ti sei fatto negli anni a bordo fiume, quando si spinse la Panda del Pagni che non voleva ripartire e io e il ciccio si bestemmiava come turchi protestanti affinché il proprietario mettesse la seconda. Oppure della volta che mi misi a suonare il Gatto e la Volpe lì una sera dell'ultimo anno del liceo, oppure oppure oppure e poi si arriva ai giorni nostri, le passeggiate serali abbracciati attenti a non pestarsi i piedi cercando di morderle un orecchio di sfuggita, oppure i pomeriggi con un casco in mano in su e in giù per il Bisenzio perché nel sotto sella del Kymco tutti e due i coprizucca non ci entrano. E ovviamente m'è saltato fuori un gran sorriso, grosso quanto la bellezza del ricordo. Il passaggio dal ricordo al rimuginarci sopra è stato un attimo, sempre che ci sia stato il passaggio e non stessi già rimuginando fin dall'inizio. E così mi son messo ad analizzare come si forma il distacco: non ti vedi non ti senti non ti cerchi fino a che ti pare naturale che sia così, che anzi, sia strano che non sia sempre stato così. Peccato solo che sai che tutte queste son cazzate grosse come chiese con tanto di campanile. Il fatto è che, girala come ti pare, si sa tutti che alla fine c'è sempre una parte di te in comodato d'uso che non se ne torna al titolare. Come gli asciugamani degli alberghi: alla fine se li prendono sempre insieme alle saponette e alle pantofole usa e getta. E' così. Si può coprire con tante cose, con mille interessi impegni cazzabubbole, ma c'è la parte di te con il marchio. Non se ne va. Ovviamente non si vede. Probabilmente è perché se ne sta sulla schiena e come ti metti con le spalle allo specchio per vederla la parte migra sulla pancia, per tornare sulla schiena come abbandoni la ricerca. Ma sai che c'è. Te la senti addosso. Poi è vigliacca quella zona perché comunque vibra per simpatia come ti rivedi. Fa sempre piacere, un piacere strano, c'è insieme un po' di quel dolore delle cose belle che han lasciato il posto ad altro. Nella misuratezza del gesto e dello slancio c'è tutta l'essenza dell'assurdo: sai di non avere segreti, di essere nudo per lei. Ma adesso non fa più testo, non è più la stessa cosa. E' diverso. E così le guance che normalmente sarebbero state solo il trampolino verso le labbra diventano il punto di approdo. Le parole di circostanza del saluto, impensabile dialogo per chi s'è sempre detto altro, diventano il nuovo registro da tenere. Però lo sai, che se anche l'amore non c'è più, consumato da tutte le cose che non andavano come dovevano, in qualche modo rimani suo. Che ci saranno nuove storie e nuovi amori per tutti, storie importanti, definitive, di quelle che ti strappano via il cuore. Ma sai anche che la mano che ti ha fatto una carezza una volta rimarrà sempre una mano speciale, una mano diversa da tutte le altre. Ci sarà sempre un po' di gioia in più. Ed è allora che si realizza che alla fine il distacco è una grossa cazzata, perché te lo porti dentro il senso di appartenenza. Ci possono essere distanze enormi, passare gli anni, nuove vite che arrivano e cambiare la tua, ma ci sarà sempre un angolo di te con un eterno promemoria di ciò che è stato.


Perché anche se l'amore finisce, il bene rimane.









Ps: grazie a Dave Bonzo Bogani per l'ultima frase. Riesce sempre a dire tutto con il minor numero possibile di parole. Non so come faccia, ma forse è questo l'ultimo segreto di Fatima.

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